Il tempo dei mulini

Il tempo dei mulini

Agosto 7, 2019 Le fasce, il frumento e i mulini Magioncalda Notizie 2

“Oggi il sole è gentile”.

Con questo pensiero Paolo percorre la strada verde, dove refoli di vento si susseguono portando con sé odore di erba tagliata.

Avanza a piccoli passi, portando il bastone come fosse uno scettro, come fosse un re di un lontano paese cantato nelle leggende.

Gli orti degli abitanti stanno dando i primi frutti, recinzioni ben curate si alternano ad antiche baracche ormai distrutte, case con vasi di fiori alla finestra convivono con ruderi dalle persiane disfatte.

Arriva al bivio dove si staglia il cartello stradale, che a caratteri cubitali sottolinea più di un semplice ammasso di case e campi: “Magioncalda”.

Paolo si sofferma: poco più in basso un’insegna marroncino racconta la storia del paese e dentro di sé percepisce un piccolo sussulto alla bocca dello stomaco, un sorriso gli si forma in viso perché sa che la storia la si studia fra i banchi, le storie invece si possono raccontare e lui, senza falsa modestia, è l’uomo che ha più storie da raccontare di chiunque altro in quel piccolo paese incastonato all’estremo della Val Borbera.

Avanza lungo la discesa. Quella strada comincia e finisce lì, non esiste altro aldilà, almeno per chi non ha il coraggio di andare oltre. I sentieri, le vie tra i boschi, sono ancora lì, invase dal tempo e dalle sue conseguenze.

Man mano che avanza il fruscio di fondo si fa più forte fino a diventare un susseguirsi di schianti e sciabordii: il fiume scorre là sotto, la parte difficile del cammino è cominciata.

Paolo Asborno, il protagonista

Paolo appoggia il bastone sul tronco di un albero, solleva lentamente la transenna metallica che tanto stona con il resto dell’ambiente e si incammina verso un sentiero che non percorreva da molto tempo. Il sudore comincia ad imperlargli la fronte dopo i primi cinque passi.

Ottantasette anni sono tanti, ma non abbastanza. La terra è asciutta, non piove da giorni, e lui può farsi avanti in quel ripido sentiero grazie ai ricordi e a una buona dose di testa dura. Per un momento ha l’impressione di scivolare, ma non ha paura.

Dietro di lui lo osserva calmo un paese che ha visto centinaia di guerre e di disastri, un paese che ha imparato a conviverci con la paura.

Si aggrappa ad un tronco per non perdere l’equilibrio, la terra tiene sotto i suoi piedi. Si ferma, rifiata, alza lo sguardo e per un istante vede un suo vecchio amico che trasporta due cesti di castagne. Li porta al mulino: è lì che Paolo sta andando.

L’ultimo tratto è il più semplice, Paolo non spreca una goccia del suo sudore e, appena arrivato sulla riva del ruscello, trova un piccolo masso dove riposarsi. Lo chiamano: il suo amico è sempre lì, solo qualche decennio fa, discute col mugnaio di Cabella che ha appena regolato gli ingranaggi di pietra.

Non ha bisogno di ricordarsi che anno fosse perché il mugnaio è sempre stato preciso e ha scalpellato la data di regolazione sulla porticina che serviva per accedere al meccanismo interno. 1911, 1912, 1932, non ha veramente importanza.

Paolo chiude gli occhi e sente il pizzico acre del grano, il fruscio delle ali di piccoli uccelli che cercano di avvicinarsi ad una facile preda. La ruota di legno è alimentata da una deviazione del corso del fiume, una piccola opera contadina nata per necessità nei tempi antichi: prima c’era il vento, e piccoli antichi mulini portati avanti dai frati della grangia.

Poi il fiume.

Anche lui non è stato clemente. La terra viva lo ha smosso, cambiato, inghiottito dalle frane e poi rigurgitato dalle alluvioni. Ma lo scheletro del vecchio
mulino è ancora lì.

Non c’è più la ruota, ma arriverà presto e sarà di un ferro fatto per resistere e per lavorare a lungo. Non c’è più il suo vecchio amico ma ci sono dei giovani ragazzi che non si sono fermati di fronte alle intemperie.

La terra è viva. Anche il paese lo è.

Presto si sentirà di nuovo l’odore del grano, presto le castagne verranno di nuovo raccolte a chili – ma perché no, a quintali – e il fiume farà di nuovo la sua parte. Il tetto è quasi coperto, così da proteggere a fâin-a mentre viene macinata. Il suo amico gli sorride. Paolo si alza, è il momento di tornare al paese, deve salutare i ragazzi e dir loro che stanno facendo un buon lavoro e magari raccontare qualche storia. Ed è giusto così – pensa – i ricordi si possono raccontare ma la vera bellezza sta nel crearli.

– Paolo Cortese

Paolo Cortese

2 risposte

  1. paola ha detto:

    buongiorno è possibile visitare il mulino di Magioncalda e nel caso a che numero bisogna prenotare la visita?
    grazie
    Paola

    • admin ha detto:

      Buongiorno Paola,

      Sì, è possibile visitare il mulino di Magioncalda, ma è neccessario accordarsi coi ragazzi che lo gestiscono.
      A questo scopo le lascio il numero di Luca Silvestri: +39 328 646 0732

      Valentina

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